La strada di Paveto, "Da O Rissoe a Stra'" |
ti ricordi di...

Tra l'altro questo paese è molto sparso nel suo territorio e dal suo fondo che si trova a circa 200 mt slm, si arriva al punto abitato più alto che è quasi a quota 500 mt slm. Da cima a fondo paese ci sono circa 4 chilometri di distanza.
Quindi percorrere tale distanza e con tale dislivello, in periodi in cui si cominciavano a vedere circolare i primi mezzi meccanici, portò alla logica conseguenza di dover costruire una strada percorribile dalle auto dell'epoca.
Dato che il comune non disponeva di risorse tali da accollarsi la spesa necessaria gli abitanti si accordarono con la giunta comunale che concesse i materiali necessari e la manodopera fu ad esclusiva competenza degli abitanti del paese.
Escogitarono un metodo intelligente che permettesse di portare a termine il lavoro senza veder diminuire la forza lavoro; decisero infatti di iniziare la costruzione della strada dal punto più alto e distante dal fondo del paese in modo tale che nessuno si potesse tirare indietro. Infatti se avessero iniziato dal fondo a salire, le persone che vedevano raggiunto lo scopo a mano a mano che la strada saliva, avrebbero potuto abbandonare l'impresa.
e così fu ultimata la strada della quale è rimasto inalterato il tracciato fino ai giorni nostri.
Qualche tempo fa, ad un signore abitante a Paveto, venne in mente di fare una "intervista" ad un vecchio saggio che partecipò in prima persona ai lavori. Questo è ciò che Giuseppe Stuardo, chiese a Amedeo Mora.
"Chissà quanti di voi conoscono la storia della strada di Paveto, strada che abitualmente percorriamo anche più volte al giorno. Come altri anch’io, curioso delle origini di ciò che mi circonda, mi sono chiesto se qualcuno risalendo nel tempo, avesse potuto raccontare fatti e circostanze che solo pochissimi conoscono di persona. Mi ritengo fortunato nell’aver incontrato un uomo eccezionale, credibile e stimato, conosciuto in paese come un “Vecchio Saggio”; sto parlando di Amedeo Mora, classe 1915. A lui ho proposto una serie di domande alle quali lui ha risposto con grande disponibilità e spontaneità.
Amedeo, com’è nata l’idea di una strada carrozzabile a Paveto?
Prima del 1920 esisteva una strada carraia che partendo dal ponte arrivava in località “suppea”, ora orto di Italo, il tracciato in alcuni punti era diverso da quello che percorriamo adesso.
Come e quando è avvenuto il proseguio?
L’iniziativa è dovuta ad Angelo Gazzo, nato e cresciuto a Paveto, classe 1901 che con tanta determinazione ha diretto tutto il progetto. Eravamo agli inizi degli anni ’30, circa il 1933 ed il volontariato in quel momento diede il massimo contributo, in pratica…tutto.
Questo volontariato, come veniva organizzato?
Ogni componente di famiglia, naturalmente di sesso maschile, doveva contribuire con almeno 40 giornate di lavoro, chi non poteva, per motivi diversi, doveva farsi sostituire, ma non poteva nel modo più assoluto rinunciare, ciò evidentemente per evitare il rallentamento dei lavori. Angelo Gazzo, sostanzialmente era un capo ed un trascinatore e con l’aiuto di un tecnico disegnava, di giorno in giorno il percorso da tracciare; percorso che poi operativamente veniva sviluppato da un lotto di persone, il cui numero variava di volta in volta a seconda delle difficoltà che il terreno presentava, per meglio utilizzare le risorse umane. Si lavorava tutti i giorni della settimana, anche alla domenica. Dopo la funzione religiosa che si svolgeva al primo mattino, ci si avviava con zappe e badili al lavoro interrotto il giorno precedente.
Ed il cantiere dov’era?
….ricordo che era più o meno dove attualmente è ubicato il ricovero degli anziani. (ex scuola elementare) A quei tempi, proprio lì esisteva uno spiazzo, che meglio si prestava per le operazioni cantieristiche, rispetto al piazzale della chiesa. Con accordo unanime, si era deciso che il tracciato dovesse partire dalla piazza della chiesa e da lì verso valle, a scendere; non a salire, ma a scendere, questo per evitare che chi fosse stata asservito dal percorso raggiunto, disertasse per convenienza, la prosecuzione dei lavori. Bisognava arrivare tutti fino in fondo, per vedere il collegamento.
Com’era all’epoca il volontariato? C’era più gioventù o personale adulto?
Non saprei rispondere con precisione, anche perché i lavori sono andati avanti per diversi anni, ma posso confermarti che tutti coloro che si sentivano in forza si impegnavano al massimo per vedere realizzata questa strada, considerata da tutti una risorsa importante per il paese. In questo senso attraversare i terreni privati è stata una cosa in linea di massima da tutti accettata, però alla fine qualche questione esistente si è risolta nell’interesse superiore della collettività..
Gli amministratori dell’epoca come si sono comportati, avete chiesto ed ottenuto aiuti?
Certamente! Abbiamo ottenuto una dozzinali pale, zappe, “bagaggi” ed un certo numero di carriole donateci dal comune. Ricordo che il mezzo meccanico più utilizzato era un “tombarello” da mezzo metro cubo di portata, trainato da un somarello o da un mulo a seconda della disponibilità.
Ed alla fine…..
Ricordo che la prima auto ha percorso la strada, ancora non completata, dal ponte alla piazza della chiesa all’inizio dell’estate, era il 22 giugno del 1937, quindi ci vollero circa 4 anni di fatiche e sudori per eseguire l’opera, circa 4 chilometri che ora percorri in 5 minuti! Non ci fu nessuna cerimonia inaugurale, i lavori si erano protratti per così tanto tempo, che la loro conclusione risultò sfilacciata. Ripeto, a parte i volontari, il merito dell’opera va attribuito ad Angelo Gazzo, forte sostenitore e trascinatore di questa opera, nonché grande patriota, caduto per la libertà durante la resistenza. Per questo motivo la strada porta il suo nome.
Lei ha qualche ricordo a “caldo” di quel periodo?
Sì. Ricordo che dove un tempo c’era la bottega dei commestibili e l’osteria gestita da “Gigi da Nina”, in una sola mattinata si è riusciti a far sparire un lembo di monte, grazie al gran numero di forze presenti ed alla buona intesa tra noi. …..Quella mattina ci siamo tolti il freddo di dosso!!!!
(Grazie a Giovanni Sobrero per la foto, dove è ritratto il suo papà con alcune delle persone che hanno contribuito a costruire la strada)