Il Coronavirus visto da un volontario della CRI: il racconto di Davide

CRI

Davide, un volontario della CRI di Sant'Olcese, che oggi è in estensione presso il Comitato di Genova, racconta la sua esperienza di questo ultimo mese. Lo ringraziamo per aver voluto condividere con noi (e con voi) tutto questo.
 
Era il 12 marzo..
"E' squillato il telefono: avevano attivato la convenzione Covid, serviva personale h24. Lì è cominciato qualcosa che mi cambierà la vita, che io come i miei colleghi volontari non scorderemo mai".

Le nostre giornate sono cambiate
"Le chiamate dalla centrale 118 Genova Soccorso da quel giorno arrivano in continuazione e di ogni genere: facciamo dimissioni di pazienti guariti, ricovero di pazienti che iniziano a mostrare i primi sintomi tangibili ma facciamo anche emergenza vera e propria, pazienti che improvvisamente si trovano a non respirare come dovrebbero, CODICE ROSSO!
A quel punto l’adrenalina inizia a scorrere nelle vene, corri in sala vestizione per indossare tutti i D.P.I. (tuta in tyvek, mascherina ffp2/3, stivali, tripli guanti, occhiali protettivi). Mentre ti vesti ricevi le indicazioni della chiamata, tutto è scritto sul foglio; qualcuno ha sicuramente già acceso l’ambulanza per cercare di ridurre i tempi di intervento; si sale, lampeggianti, sirena e si parte.
Arrivi sul target, saturimetro, ossigeno, sedia portantina, suoni al citofono, entri in casa e vedi subito la preoccupazione negli occhi dei parenti “fate presto, vi prego, sta male!”.
Cerchiamo di essere sempre più veloci possibile, carichiamo il paziente, sentiamo la centrale e ripartiamo verso il primo ospedale disponibile, il pronto soccorso è allertato!
Ecco, il pronto soccorso, ci sono decine e decine di persone che hanno bisogno di cure, di ossigeno, è il primo reparto dove veramente si tocca con mano la grandezza di questa emergenza, la sofferenza dei pazienti e il sacrificio di ogni operatore professionale che cerca di salvare quante più vite, mettendo a rischio in primis la sua, come tutti stiamo facendo; e non importa se tu sei infermiere, medico, oss, autista, soccorritore, disinfettore, ecc. , i DPI ci rendono tutti simili, tutti impegnati verso un unico scopo, aiutare!"
 
La nostra missione non finisce in ospedale
"Ancora tutti vestiti ci rechiamo alla zona disinfezione dove un gruppo di persone lavora ininterrottamente h24 da settimane per permetterci di togliere la tuta e i D.P.I. con quanta più sicurezza e sterilità possibile, per il bene di tutti.
Questo è il primo momento dove riusciamo ad allentare un attimo la tensione; se la croce sulla divisa è Rossa, Bianca, Verde, Blu oramai non ci facciamo più caso, siamo tutti “amici”, cerchiamo di fare qualche battuta, di strappare un sorriso sui nostri volti segnati da mascherine e occhiali protettivi. Passati 30’ si riparte, il mezzo è sterile!"
 
I reparti di rianimazione
"Questa esperienza mi ha anche portato nei reparti di Rianimazione dove capita purtroppo troppo spesso di dover portare nuovi pazienti, non avevo mai messo piede in questo reparto e penso che sicuramente, chi continua a non rispettare le norme anti contagio non ha assolutamente idea di cosa ci sia dentro un ospedale o negli occhi di chi soffre a causa di questo virus, un’esperienza ai limiti dello straziante! Le persone purtroppo non vedendo queste cose dal vivo, ma solo in televisione, non si rendono conto di cosa si prova, ed io per primo ai miei affetti più cari dissi “quello che si prova vedendo in foto o video non è nulla in confronto a quello che si prova con i propri occhi, RESTATE A CASA”.
 
I momenti di orgoglio
"Durante questo mese però ci son stati anche momenti di orgoglio; un operatore del 118 durante una delle tante telefonate che durante il giorno si fanno mi ha detto “grazie per tutto quello che state facendo”, son rimasto a bocca aperta! 
Una sera invece, durante uno di quei codici rossi Covid, dopo aver caricato in ambulanza una ragazza mia coetanea, mentre partivamo per l’ospedale, abbiamo ricevuto un applauso dai cittadini affacciati al balcone, sono emozioni che ti danno forza, tanta forza! E ultimo ma non per importanza, un pomeriggio mentre eravamo di rientro in sede ci affianca uno scooter suonando il clacson, pensavamo avesse bisogno di aiuto, invece con un enorme sorriso anche lui ha esclamato “grazie per l’aiuto che date alle persone”.

Impariamo qualcosa da questo periodo
"Io mi auguro che questo periodo così buio nella nostra storia sia di aiuto per imparare qualcosa, abbiamo tutti da imparare qualcosa! Spero che i ragazzi che ancora non sono volontari, capiscano quanto sia necessario anche il loro aiuto per portare avanti queste attività anche quando finirà l’emergenza, perché finirà e avremo sempre bisogno di volontari per sostenere le nostre associazioni".
 
GRAZIE Davide




















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A cura di Elisa Zanolli e Ottavio Traverso  -  Informativa sui cookie