“L’ultimo Padrino, vita, morte e crimini di Matteo Messina Denaro”. Il libro di Luca Ponzi

cronaca

 Aveva un sogno Matteo Messina Denaro, costruire la multinazionale del crimine, cioè l’alleanza tra la mafia siciliana e l’ndrangheta calabrese, per far tornare protagonista Cosa nostra, colpita dai numerosi arresti che da tempo hanno ridotto il potere delle cosche.
L’ultimo Padrino ha lavorato a questo progetto dalla latitanza: trent’anni da fantasma, ben nascosto e anche ben protetto.
Nel libro di Luca Ponzi  “L’ultimo Padrino, vita, morte e crimini di Matteo Messina Denaro”, edito da Rubbettino, si racconta tutto del boss, compresi i dettagli sui trent’anni di latitanza. Per tutto questo tempo molti sono stati pronti a scommettere di averlo visto in mezzo mondo – dalla Germania, alla Spagna fino al Venezuela e addirittura allo stadio di Palermo per una partita di calcio – ma nonostante i diversi mandati di cattura internazionali gli investigatori non sono mai riusciti a prenderlo. La verità è che Matteo Messina Denaro non si è mai allontanato troppo dalla sua Sicilia. E in trent’anni ha scalato i vertici di Cosa nostra, diventandone il boss incontrastato, facendo affari con la droga, le opere d’arte, i supermercati, le pale eoliche. Matteo Messina Denaro non era un mafioso qualsiasi, è l’autore di decine di omicidi, tanto che si vantava che “con tutte le persone che ho ammazzato si potrebbe riempire un cimitero”.
 
A lui si deve uno dei crimini più efferati, aver fatto sciogliere un bambino nell’acido dopo oltre due anni di prigionia ed è l’uomo che in Italia ha mosso i fili della strategia stragista della mafia. Dietro gli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino c’era lui. Così come dietro le bombe a Milano, Roma e Firenze. Su alcuni di quelli che sono i misteri dell’Italia degli ultimi tre decenni ci sono le sue impronte digitali. E c’è poi il lato umano – non sempre il migliore – con le sue debolezze, la passione per la bella vita, a partire da quella vacanza a Forte dei Marmi, l’ultima da uomo libero, fino alle belle donne, tanto da non esitare a far uccidere un rivale in amore. Un uomo che si disperava per i pessimi rapporti con la figlia e che ogni anno ricordava il padre, capomafia anche lui, con un necrologio pieno di affetto.
 
Questo libro ricostruisce la vita del boss, a partire da quando era bambino nella valle del Belice, passando poi alla conquista del potere all’interno di Cosa nostra fino ai trent’anni di latitanza e alla cattura avvenuta in una clinica di Palermo dove il boss era in cura per sottoporsi alla chemioterapia, e prova a far luce sulle protezioni e i legami ad ogni livello. Massoneria, politica, servizi segreti, ma anche la cosiddetta società civile, in molti sapevano, ma non hanno mai parlato. E anche lui ha deciso fino all’ultimo che il suo silenzio avrebbe fatto molto meno rumore.
 
“E’ stato un lavoro di ricerca durato anni – racconta l’autore Luca Ponzi, attualmente responsabile della redazione Rai della Liguria – nato dalla curiosità quando ero in Calabria come responsabile della redazione della Rai. Ho raccolto testimonianze, letto migliaia di pagine di sentenze, sentito i magistrati che nel corso degli anni hanno cercato di arrestarlo. Una vicenda che ha dell’incredibile, se solo si pensa a come un uomo abbia potuto travestirsi da fantasma per tre decenni”.
 
Il libro analizza anche come è cambiata Cosa nostra e come le mafie ora siano diventate sempre più camaleontiche, sparando di meno, ma continuando a fare affari nel dark web. Una mafia due punto zero, meno aggressiva, ma certamente non meno pericolosa.




















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A cura di Elisa Zanolli e Ottavio Traverso  -  Informativa sui cookie